Il portinnesto: una risorsa per la sostenibilità

  

L’innesto è una pratica antica che prevede di unire l’apparato radicale (portinnesto) di una pianta con la parte aerea (nesto) di un’altra. Le motivazioni che inducono ad applicare questa tecnica nei fruttiferi sono numerose: diminuire la taglia della pianta, aumentare la produttività, indurre resistenza alle fitopatie e alle avversità atmosferiche, promuovere la tolleranza al reimpianto. Questo progetto si propone di testare diversi genotipi di portinnesto (pomacee e drupacee), verificandone la loro adattabilità, efficienza produttiva e resistenza alle principali fitopatologie nella realtà trentina. I portinnesti testati sono frutto di programmi di miglioramento genetico di diverse istituzioni internazionali e la loro disponibilità è frutto di accordi che ci impegnano alla adozione di protocolli di valutazione comuni.

Nello specifico la nostra attenzione è indirizzata innanzitutto all’individuazione di portinnesti resistenti alla stanchezza del terreno, problema particolarmente sentito in una frutticoltura che fa frequente ricorso al reimpianto. La sperimentazione prevede di valutare l’efficienza produttiva di vari genotipi in ambienti diversi e di verificare le modificazioni del microbioma del suolo indotte dall’impianto dei diversi tipologie di piante. Sarà inoltre valutato come le combinazioni di innesto scelte reagiscono alle diverse modalità di potatura e forme di allevamento, in termini di produzione quali-quantitativa, adattabilità alla meccanizzazione e costi di gestione (impianto, potatura, diradamento). Un terzo aspetto che varrà indagato è la resistenza indotta dal portinnesto alle principali fitopatie che interessano la frutticoltura trentina: scopazzi, nectria, afide lanigero.