"Trentini, tornate a coltivare la terra"
di Francesco Salamini
Martedì, 27 Settembre 2011
"Tempo fa una persona, perlomeno agnostica in tema di religione, discusse con me di una sua esperienza: in barca sul Po con un frate amico d'infanzia, ebbe l'impressionegli avesse trovato l'anima. Io gli chiesi di spiegare, allora, cosa fosse per lui questa entità e in quali luoghi della sua mente dimorasse: le risposte furono desolatamente vaghe, una prova della difficoltà di discutere tesi la cui definizione lessicale è semplice ma che hanno contenuti poco precisi e/o opinabili. Recentemente mi è successo un caso simile. È bastato che - di striscio - introducessi in una presentazione pubblica il sostantivo «trentinità» perché si accendesse la discussione: cosa è di preciso, dove ha le sue radici e perché è importante parlarne. Provo a contribuire. L'essere voi trentini significa, per lo meno, che vorreste rimanerlo. Per questo il futuro, che conterrà molto di nuovo, dovrà localmente rispettare alcune forme e canoni di identità e di autonomia. Perciò, nell'immaginarlo, sarebbe bene dotarlo di attributi: la lista può essere lunga; l'importante è che ciascuno sia cosciente di dover trasmettere alle nuove generazioni la sua idea di comunità trentina. Le radici. Oltre che nella geografia dei territori e dei paesaggi, le radici sono rintracciabili nelle tradizioni, nelle politiche, storie e patti sociali del passato, nelle professioni e nel movimento cooperativo, nel messaggio che le madri hanno trasmesso ai figli e che nel tempo ha generato memorie collettive, e nelle comunioni di pensiero che gli abitanti della landa hanno condiviso, assegnando loro anche significati deontologici; soprattutto molte radici si alimentano nelle istituzioni. Compresa la Fondazione che presiedo, almeno nella misura in cui un nostro recente comunicato stampa è condivisibile: «La Fondazione Edmund Mach di San Michele all'Adige è un autorevole depositario delle tradizioni locali, in particolare agricole e sociali, e la sua storia rappresenta la premessa per ogni futuro possibile del territorio». Si rivendica, cioè, il ruolo dell'Istituto nello sviluppo di temi come paesaggi agrari, sostenibilità economica delle coltivazioni, istruzione dei figli degli agricoltori, modernizzazione delle tradizioni agricole, valorizzazione dei prodotti tipici, cura delle acque dei fiumi e dei laghi, protezione del territorio e della diversità e, soprattutto, delle popolazioni che ancora praticano l'agricoltura. Se volete, questa è la nostra missione. Tutte le scuole, in realtà, ne hanno una; pretendiamo però che, più che per altre, la nostra sia allineata alle tracce delle lontane radici del vivere sociale delle antiche comunità. Cosa fare: ho solo qualche esempio. Storicamente, i braccianti agricoli sono diventati mezzadri, poi affittuari e poi proprietari dei fondi coltivati. Sarebbe auspicabile ricordarlo alle nuove generazioni, perché prima di decidere sul futuro conoscano cosa avviene nei campi e quale lavoro questi richiedono. Per esempio, la raccolta dei frutti e dell'uva potrebbe essere, per i giovani studenti, un obbligo scolastico, e non delegata solo ad addetti temporaneamente assunti dall'estero. Posso continuare. Il paesaggio agrario trentino, come quello toscano, pur essendo fortemente antropizzato ha una estetica che dà soddisfazione alla vista. Lo vogliamo mantenere così, o modificare o ritornare le terre alle foreste? Ancora, il paese Italia importa il 35% delle derrate agricole che consuma. Come dire che esportiamo ad altre aree del pianeta parte dei problemi ambientali che genera l'agricoltura. Vogliamo perciò concludere che continuare a produrre anche qui è un obbligo sociale? Oltre tutto, ritengo meritorio che si protegga una antica attività primaria, in un contesto dove il terziario la fa da (precario) padrone. L'ultima constatazione si offre al paradosso: è destino auspicato che tutto il Trentino diventi un grande parco di ricreazione e divertimento? "
Francesco Salamini Scienziato e botanico di fama, è Presidente della Fondazione Mach, ex Istituto agrario di S. Michele
tratto da l'Adige, 27 settembre 2011, prima pagina